IN CALLISTRATUM Sum, fateor, semperque fui, Callistrate, pauper, sed non obscurus nec male notus eques, sed toto legor orbes frequens et dicitur “Hic est”, quodque cinis paucis, hoc mihi vita dedit. At tua centenis incumbunt tecta columnis et libertinas arca flagellat opes, magnaque Niliacae servit tibi glaeba Syenes, tondet et innumeros Gallica Parma greges. Hoc ego tuque sumus: sed quod sum, non potes esse: tu quod es, e populo quilibet esse potest. A CALLISTRATO Sono povero, è vero, Callistrato, e sempre lo fui, ma non oscuro, e neppure cavalier malfamato; ma in tutto quanto il mondo mi leggono, e dicono: “È lui!”; e quel che mi diè la vita che dà la morte a pochi. Pure i tuoi tetti poggiano su cento colonne, e tesori accumula il tuo scrigno di liberto arricchito. Tue sono le immense distese di Siene sul Nilo; per te greggi infinite tosano i Galli di Parma. Questo siamo noi due. Ma tu non puoi esser quel ch’io: quel che tu sei, può esserlo uno straccione qualunque. |
Marco Valerio Marziale, Epigrammi, v, 5
No comments:
Post a Comment