Quando nel 1996 a Budapest si incontrarono il Presidente della FIDE Kirsan Iljumzhinov e l’ex Campione del Mondo Robert James Fischer, la conversazione si incagliò presto sull’avvenire dei Fischerandom. Il ras calmucco, per tema di resistenze ambientali, si riprometteva di introdurli sommessamente, un passo alla volta, e l’irascibile Fischer s’inalberò: “Teach people to play new chess, right away. Why do you offer them a black and white television set, when there is a set in colour?”(1).
Ma l’ambiente resisteva. Eccome se resisteva! Se Anatolij Karpov accolse gli scacchi di Fischer con freddezza: “Ne soffre un po’ l’armonia del gioco”, altri colleghi, come per esempio il Grande Maestro svedese Ulf Andersson, furono più categorici: “Mi rifiuto di discuterne anche solo per scherzo. È una cosa molto stupida”. S’incaricò di seppellirli, comunque, Garry Kasparov, il quale, in un’intervista al sito russo ChessPro nel 2004 sentenziò: “il 95 per cento delle 960 posizioni, in tutta sincerità, è veleno per gli occhi”.
Anche il Guru dell’analisi scacchistica Mark Dvoretskij, nel suo interessantissimo articolo “Polemic Thinking (Part Two)” rimprovera agli scacchi di Fischer di non esaudire in tutte le 960 posizioni il quintessenziale concetto di “geometria scacchistica” intrinseco alla magica posizione numero 518. Interessante l’esemplificazione:
Levon Grigori Aronian – Étienne Bacrot
Magonza, 2005
Posizione 941
Magonza, 2005
[FEN "rkrbnqbn/pppppppp/8/8/8/8/PPPPPPPP/RKRBNQBN"]
Posizione 941
Commenta Mark Dvoretskij. 1. e4 e5 2. Cd3 Cg6?! 3. f4 Af6? (3. ... Cf6) 4. Cc5 Td8 5. Db5 Cd6 6. Cxd7+ Txd7 7. Dxd7 e il Bianco ha trasformato la sua Qualità in più in una vittoria.
Chiosa Dvoretskij: “Tutto molto curioso e divertente – ma nulla di più. Il livello di gioco qui dimostrato dai Grandi Maestri non è molto diverso – per attingere un esempio dagli scacchi tradizionali – dagli sforzi, più o meno riusciti, di sfruttare la debolezza in f7 nella posizione classica e rifilare il ‘matto del barbiere’. Naturalmente dobbiamo tener conto del fatto che a Magonza le partite si disputavano a cadenza rapida; sospetto però che anche con un controllo del tempo classico la qualità di gioco non si sarebbe granché elevata”.
Sono le stesse ragioni per cui Bobby si è inventato i suoi Fischerandom, cioè per “rinfondere spontaneità” agli scacchi (ipse dixit), come spiegò anche in un’intervista dal carcere giapponese nel 2004: “No, non gioco più a scacchi, gioco a Fischerandom. Sono un gioco molto migliore, con più sfida. Gli scacchi sono morti, esauriti. I Fischerandom sono una versione di scacchi che ho sviluppato o inventato io [...]. Sono un gran gioco, e possono diventare lo standard degli scacchi”.
Chissà...
Chissà...
(1) Svetozar Gligoric, “Shall We Play Fischerandom Chess?”, B.T. Batsford Ltd, Londra, 2002, p. 71.