余华 (Yú Huá)
Due adolescenti nell’autunno del 1977.
In quel giorno dal cielo luminoso, sedevano entrambi su di un cigolante autubus pubblico per andare in un certo luogo a oltre 20 chilometri di distanza. Mentre il ragazzo comprava il biglietto, la ragazza si era nascosta dietro un palo della luce all’esterno della stazione. Intorno a lei turbinavano polvere e foglie morte, mentre il ronzio dell’elettricità copriva l’inestricabile groviglio dei rumori circostanti. Il suo stato d’animo somigliava ad una pagina scritta in stile altrettanto monotono. Mentre sbirciava furtivamente attraverso la porta spalancata della stazione, il suo sguardo era quieto come un lago.
Quando il ragazzo uscì era pallido e smunto. Sapeva dove si era rifugiata la ragazza, ma non la guardò. Mentre si allontanava dirigendosi verso il ponte, continuava a guardarsi intorno agitatissimo. Appena salito sul ponte e non ancora tranquillo, si fermò. Poi volse lo sguardo verso di lei e vide che lo stava guardando. Allora la fissò con crudeltà, ma lei non desistette. Arrabbiatissimo, si voltò dall’altra parte e per un po’ rimase immobile senza guardarla, ma l’idea che lei non avesse mai smesso di guardare lui lo gettava nel panico. Solo dopo essersi accertato che in giro non ci fossero conoscenti, le si fece incontro.
Lei non si rendeva affatto conto della sua paura. Quell’adolescente dalla carnagione chiara che camminava alla luce del sole la commuoveva. Il suo piccolo cuore si inteneriva delicatamente e per questo motivo il suo viso appariva sorridente. Ma lui dopo averla raggiunta si mostrò adirato per il suo sorriso e le disse sottovoce: “Ti sembra questo il momento di ridere?”.
Così lui distrusse quel tenue sorriso appena nato.
Lei lo guardò con un po’ di nervosismo, perché l’aspetto di lui mostrava una certa ferocia. Senza cambiare espressione il ragazzo disse: “Ti ho detto tantissime volte che non devi guardarmi. Devi fingere di non conoscermi. Perché mi guardi? Sei davvero sgradevole”.
Lei non mostrò alcun segno di ribellione e in silenzio distolse lo sguardo. Continuando a guardare in terra una foglia ingiallita, ascoltò le parole che lui le sibilò tra i denti: “Saliti sull’autubus, per prima cosa tu cerca di prendere posto a sedere. Se non ci sono persone che conosciamo, allora mi siederò accanto a te, se invece ci sono rimarrò in piedi accanto alla porta. Ricordati, non ci dobbiamo scambiare neanche una parola”.
Lui le dette il biglietto e quando lei lo ebbe preso lui si allontanò. Non si diresse verso la sala d’attesa, ma verso il ponte.
(continua...)
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