Al telefono (电话)
老舍 (Lǎo Shě)
Wáng Èrlèng ha maniere non comuni, perfino al telefono ha uno stile originale: innanzitutto accende una sigaretta; finché non si consuma fino al labbro resta pendula all’angolo della bocca; la cenere cade liberamente sul vestito, sui pantaloni, senza che mai lui se la levi. Capita anche che il vestito si bruci senza che lui se ne curi; un bello stile. Con la sigaretta tra le labbra, la bocca un po’ storta, parla sempre in modo poco limpido. Ma ben ti sta! Wáng Èrlèng sarà pure libero di non scandire chiaramente le parole, o no?
Anche il modo di comporre un numero di telefono non è banale: non usa il dito ma la punta di una matita. Crede fermamente che la matita abbia una sua sensibilità e sia flessibile ed affidabile come un dito. Confida a tal punto nella sua matita che mentre digita un numero guarda il calendario o qualche appunto appeso. Non solo gli occhi guardano altrove, ma pretende anche di chiacchierare con altre persone, per cui di sicuro chiama il numero sbagliato. Sbaglia numero e richiama, sbaglia numero e richiama, e già che c’è litiga con chi risponde. Ma guardate come è indaffarato Èrlèng, finita una telefonata non ha certo finito di telefonare!
Dopo aver sbagliato per otto volte, i modi di Wáng Èrlèng si fanno ancor più grandiosi: d’ora in poi tiene il cappello ben calcato, si impettisce e la cenere caduta ne approfitta per scivolare via furtivamente. Prende una decisione, inaspettatamente non riguarda te, ma come prendere la linea se non riesce a prenderla! Non guarda neanche il calendario, ma si sistema per ben contemplare il soffitto.
“Pronto? Maestro Wú? Sei tu? ... Cosa? Cerco il Maestro Wú! ... Non c’è? Maledetti! ... Cosa? Controllare il numero? Smettila di dire sciocchezze! Come è possibile che non si possa fare nemmeno una telefonata? Chi sono io? Da dove? Fatti gli affari tuoi!”. Sbam, sbattuta giù la cornetta, aggiunge: “Troppo scortese!”.
“Pronto? Maestro Wú? Sei... Cosa? Cosa? Nono dipartimento dei Vigili del Fuoco? Ma qui non c’è nessun incendio!”.
“Èrlèng, al fuoco!”, urla un collega.
“Dove ha preso fuoco? Dove? Pronto, nono, aspettate un attimo! Aspettate un attimo! ... Qui!”. Mentre chiede a squarciagola ai Vigili del Fuoco di aspettare un attimo, Èrlèng sbatacchia un documento sul tavolo, appena bruciacchiato dal mozzicone di sigaretta caduto dall’angolo della bocca. “Pronto, pronto! Tutto bene! È un fuocherello, un buco in un documento, non importa!”. Èrlèng è orgoglioso di sé e con modi al cento per cento da educazione universitaria: “Bene, aver sbagliato numero ha portato un vantaggio! Se scoppiassero 10.000 veri incendi, i Vigili del Fuoco accorrerebbero di sicuro subito, ah ah ah!”.
Si accende un’altra sigaretta e getta con noncuranza il fiammifero nel cestino della carta. “Pronto, Maestro Wú? Sei... Chiedi dove? Cerco il Maestro Wú! ... Come, sei di nuovo tu? Ma che combinazione! ... Parla con un po’ di cortesia! È la morale del socialismo, desiderare di aiutare gli altri, capito? Umf!”.
La matita di Èrlèng è di nuovo ben piantata nel disco del telefono. Un suo collega gli dice:
“Èrlèng, devo proprio regalarti un dàzìbào!”.
“E ora per cosa mi critichi?”.
“Te lo dovresti immaginare da solo! Ogni giorno quanto tempo sprechi a disturbare il lavoro delle persone, eh? Occupi la linea dei Vigili del Fuoco, forse ci potrebbe essere davvero un incendio, un minuto di ritardo e sai che danni! Potresti anche incappare in qualcuno che scrive...”.
“E quando mai una simile coincidenza!”.
“Tu ritieni che tutti debbano riverirti, condividere i tuoi scherzi molesti?”.
“Pronto, Maestro Wú? ... No? ... Tu sei uno scrittore? ... Ho interrotto il filo dei tuoi pensieri, forse mezza giornata non ti basta... e quindi riaggancia subito! Che cosa aspetti!”. Èrlèng si considera molto spiritoso e apostrofa il collega che voleva scrivere il dàzìbào: “Che coincidenza, sono probabilmente incappato davvero in uno scrittore...”. “Esce del fumo!”, grida qualcuno. “Il cestino della carta!”.
“Èrlèng, chiama i Vigili del Fuoco!”.
“Non mi ricordo il numero, per l’appunto questa volta è stato proprio un caso!”.
Èrlèng scuote leggermente il cestino... Uno stile grandioso.
老舍 (Lǎo Shě)
Wáng Èrlèng ha maniere non comuni, perfino al telefono ha uno stile originale: innanzitutto accende una sigaretta; finché non si consuma fino al labbro resta pendula all’angolo della bocca; la cenere cade liberamente sul vestito, sui pantaloni, senza che mai lui se la levi. Capita anche che il vestito si bruci senza che lui se ne curi; un bello stile. Con la sigaretta tra le labbra, la bocca un po’ storta, parla sempre in modo poco limpido. Ma ben ti sta! Wáng Èrlèng sarà pure libero di non scandire chiaramente le parole, o no?
Anche il modo di comporre un numero di telefono non è banale: non usa il dito ma la punta di una matita. Crede fermamente che la matita abbia una sua sensibilità e sia flessibile ed affidabile come un dito. Confida a tal punto nella sua matita che mentre digita un numero guarda il calendario o qualche appunto appeso. Non solo gli occhi guardano altrove, ma pretende anche di chiacchierare con altre persone, per cui di sicuro chiama il numero sbagliato. Sbaglia numero e richiama, sbaglia numero e richiama, e già che c’è litiga con chi risponde. Ma guardate come è indaffarato Èrlèng, finita una telefonata non ha certo finito di telefonare!
Dopo aver sbagliato per otto volte, i modi di Wáng Èrlèng si fanno ancor più grandiosi: d’ora in poi tiene il cappello ben calcato, si impettisce e la cenere caduta ne approfitta per scivolare via furtivamente. Prende una decisione, inaspettatamente non riguarda te, ma come prendere la linea se non riesce a prenderla! Non guarda neanche il calendario, ma si sistema per ben contemplare il soffitto.
“Pronto? Maestro Wú? Sei tu? ... Cosa? Cerco il Maestro Wú! ... Non c’è? Maledetti! ... Cosa? Controllare il numero? Smettila di dire sciocchezze! Come è possibile che non si possa fare nemmeno una telefonata? Chi sono io? Da dove? Fatti gli affari tuoi!”. Sbam, sbattuta giù la cornetta, aggiunge: “Troppo scortese!”.
“Pronto? Maestro Wú? Sei... Cosa? Cosa? Nono dipartimento dei Vigili del Fuoco? Ma qui non c’è nessun incendio!”.
“Èrlèng, al fuoco!”, urla un collega.
“Dove ha preso fuoco? Dove? Pronto, nono, aspettate un attimo! Aspettate un attimo! ... Qui!”. Mentre chiede a squarciagola ai Vigili del Fuoco di aspettare un attimo, Èrlèng sbatacchia un documento sul tavolo, appena bruciacchiato dal mozzicone di sigaretta caduto dall’angolo della bocca. “Pronto, pronto! Tutto bene! È un fuocherello, un buco in un documento, non importa!”. Èrlèng è orgoglioso di sé e con modi al cento per cento da educazione universitaria: “Bene, aver sbagliato numero ha portato un vantaggio! Se scoppiassero 10.000 veri incendi, i Vigili del Fuoco accorrerebbero di sicuro subito, ah ah ah!”.
Si accende un’altra sigaretta e getta con noncuranza il fiammifero nel cestino della carta. “Pronto, Maestro Wú? Sei... Chiedi dove? Cerco il Maestro Wú! ... Come, sei di nuovo tu? Ma che combinazione! ... Parla con un po’ di cortesia! È la morale del socialismo, desiderare di aiutare gli altri, capito? Umf!”.
La matita di Èrlèng è di nuovo ben piantata nel disco del telefono. Un suo collega gli dice:
“Èrlèng, devo proprio regalarti un dàzìbào!”.
“E ora per cosa mi critichi?”.
“Te lo dovresti immaginare da solo! Ogni giorno quanto tempo sprechi a disturbare il lavoro delle persone, eh? Occupi la linea dei Vigili del Fuoco, forse ci potrebbe essere davvero un incendio, un minuto di ritardo e sai che danni! Potresti anche incappare in qualcuno che scrive...”.
“E quando mai una simile coincidenza!”.
“Tu ritieni che tutti debbano riverirti, condividere i tuoi scherzi molesti?”.
“Pronto, Maestro Wú? ... No? ... Tu sei uno scrittore? ... Ho interrotto il filo dei tuoi pensieri, forse mezza giornata non ti basta... e quindi riaggancia subito! Che cosa aspetti!”. Èrlèng si considera molto spiritoso e apostrofa il collega che voleva scrivere il dàzìbào: “Che coincidenza, sono probabilmente incappato davvero in uno scrittore...”. “Esce del fumo!”, grida qualcuno. “Il cestino della carta!”.
“Èrlèng, chiama i Vigili del Fuoco!”.
“Non mi ricordo il numero, per l’appunto questa volta è stato proprio un caso!”.
Èrlèng scuote leggermente il cestino... Uno stile grandioso.
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Traduzione di Alessandra Innocenti
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